Lapo Mazzei: il Rinascimento del Chianti Classico.
Lo scorso 20 agosto si è spento a Fonterutoli, all’età di 94 anni, Lapo Mazzei, uno dei protagonisti assoluti della scena toscana nella seconda metà del ‘900. Per noi, che abbiamo avuto la fortuna e l’onore di collaborare con lui per quasi un ventennio, Lapo è stato innanzitutto un grande maestro. È difficile dire quale fosse il suo pregio maggiore, perché ai nostri occhi è sempre apparso un uomo con uno spessore straordinario; un uomo colto, raffinato, curiosissimo, dotato di un grande carisma personale e di una ancor più grande esperienza di vita. Ha attraversato la guerra, la ricostruzione e il boom economico, ha frequentato umili e potenti, ha gestito aziende e, a suo modo, è stato un uomo di grande potere.
Nonostante una vita di successo, ha però sempre mantenuto quella capacità di ascolto che lo rendeva immediatamente vicino. È anche difficile dire quale fosse il suo campo di interesse preferito: per buona parte della vita è stato banchiere, imprenditore e presidente di Società, Enti Benefici, Consorzi e Fondazioni. Poteva parlarti con competenza di finanza internazionale, di bilanci aziendali e processi industriali; e con eguale profondità di pittori del ‘900, cavalli o cloni di sangiovese.
Tuttavia, il suo insegnamento più grande non sta in un qualche dettaglio professionale (anche perché i dettagli lo annoiavano mortalmente) o uno specifico punto di vista, quanto nella sua abitudine a spostare l’attenzione verso orizzonti più ampi, a manovrare il presente guardando al domani. Lapo aveva un profondo rispetto per la storia, che trasformava sempre in uno strumento per leggere il futuro. Aveva la capacità di cogliere anche le minime tendenze e di riflettere come se queste fossero già una realtà consolidata. Ragionava d’anticipo, come solo i grandi pensatori sanno fare.
Ma le sue più grandi passioni sono state, senza dubbio, il territorio del Chianti e il suo vino, il Chianti Classico. Una passione che non si è limitata nel far crescere la storica tenuta di famiglia, Fonterutoli, diventata con la sua gestione uno dei marchi toscani più noti al mondo, perché come sempre lui guardava all’insieme, al sistema, al territorio come coagulo dei destini di tutti. Lapo si sentiva innanzitutto un viticultore e un chiantigiano, e questa dimensione lo ha accompagnato per tutta la vita, qualunque fosse la natura dell’”altro” incarico che in quel momento svolgeva.
Lapo era solito ricordare che durante un convegno nei primi anni ‘70 – probabilmente il periodo più buio della storia del Chianti degli ultimi due secoli – quelli che lui amava definire, non senza una certa dose di ironia e sarcasmo, “illuminati professori”, diagnosticarono l’inevitabile estinzione della vitivinicoltura chiantigiana e la sostituzione dei vigneti in pascoli. Lapo ricordava ancora con piacere la rabbiosa reazione dei chiantigiani; quel guanto di sfida lanciato a frettolose diagnosi di morte che non tenevano conto dell’ostinazione dei viticultori, del loro orgoglio e delle capacità maturate in secoli di esperienza.
Ci piace pensare che quella reazione sia stata all’origine del rinascimento del Chianti Classico e Lapo Mazzei ne è stato l’interprete principale.
Per oltre vent’anni, tra l’inizio degli anni ’70 e la metà degli anni ’90, è stato Presidente del Consorzio Vino Chianti Classico – carica che forse ha gradito più delle altre – e da quella posizione ha guidato un processo di riconversione che ha dell’incredibile. In meno di un ventennio, una denominazione con una storia gloriosa ma finita ai margini del mercato, è riuscita a risollevarsi e a giocare un ruolo di primo piano nel panorama enologico mondiale. In grande anticipo sui tempi Lapo ha creduto nel valore strategico della qualità, e con la caparbietà che lo contraddistingueva ha finito per imporla come requisito ad un intero sistema produttivo. La sua intuizione iniziale si è trasformata in regola aurea, e la ritrovata qualità è stata la chiave di volta del rinascimento del Chianti Classico.
Ma non è stata la sola. Il territorio era l’altra chiave che ha sempre utilizzato, anche questa in grande anticipo sui tempi. Il suo pensiero era semplice quanto efficace: un territorio strutturato, con un’organizzazione imprenditoriale coesa e lungimirante, produce vantaggi alle stesse imprese e ai cittadini.
Sua è stata l’idea – e stiamo parlando del 1997! – di far riconoscere il Chianti quale Distretto Rurale, per dargli un’organizzazione che andasse oltre il vino. Un obiettivo ottenuto esattamente vent’anni dopo.
Ricordiamo ancora le faticose trasferte romane, i colloqui con il prof. De Rita e le raffinate analisi giuridiche con il prof. Albisinni (entrambi suoi amici), l’infinita serie di dibattiti pubblici e i duri scontri con la politica dell’epoca. Ma alla fine ha avuto ragione ancora lui, perché capiva per primo dove stessimo andando. In un mondo dominato da giganti è necessario rispondere facendo leva sulla coesione dei più piccoli. Non ci sono alternative.
Stare uniti, costruire massa critica, guardare al futuro. Negli anni in cui gli siamo stati vicini ci ha insegnato a seguire questi semplici principi e a porre obiettivi chiari e realizzabili, basandosi anzitutto sulla fondatezza delle argomentazioni. Per come l’abbiamo conosciuto, Lapo non apparteneva alla schiera dei mediatori ad oltranza, nondimeno sapeva insistere anche quando le difficoltà apparivano insormontabili. Ricordiamo ancora una delle sue ultime battaglie, quella relativa alla riunificazione tra i due consorzi che fino al 2005 gestivano la denominazione del Chianti Classico: il Consorzio del Marchio Storico, che gestiva il simbolo del Gallo Nero e provvedeva alle attività di promozione, e il Consorzio del Chianti Classico, che gestiva la parte istituzionale. Lapo individuò nella progressiva diversificazione delle basi associative un pericolosissimo fattore di disgregazione del sistema, ma riuscì a imporre un dibattito che dopo tre anni di accesissimo confronto (e scontro) portò alla fusione delle strutture. Oggi pochissimi ricordano che prima i consorzi erano due ed è scontato che la rappresentanza dei viticultori sia in capo ad un unico soggetto.
Nel mondo del vino poche persone sono riuscite a lasciare un’impronta profonda come Lapo Mazzei. La sua visione ha precorso i tempi e guidato i fatti, senza però mai abbandonare quell’approccio umanistico che è proprio delle grandi personalità senza tempo.
Grazie Lapo.
Giuseppe Liberatore
Michele Cassano
Gli autori sono stati Direttore Generale e Vice Direttore Generale del Consorzio Vino Chianti Classico.