Antinori, innovatori per vocazione.
Intervista a Piero Antinori, Presidente Onorario Marchesi Antinori.
La famiglia Antinori si dedica alla produzione vinicola da più di seicento anni: da quando, nel 1385, Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell’Arte Fiorentina dei Vinattieri. In tutta la sua lunga storia, attraverso 26 generazioni, la famiglia ha sempre gestito direttamente questa attività con scelte innovative e talvolta coraggiose, ma sempre mantenendo inalterato il rispetto per le tradizioni e per il territorio. Oggi la società è presieduta da Albiera Antinori, con il supporto delle due sorelle Allegra e Alessia, coinvolte in prima persona nelle attività aziendali. Il padre, Marchese Piero Antinori, è attualmente il Presidente Onorario della società. Tradizione, passione ed intuizione sono state le qualità trainanti che hanno condotto i Marchesi Antinori ad affermarsi come uno dei principali produttori italiani di vini di alta qualità.
La storia di questa grande famiglia inizia con tenute in Toscana e Umbria, alle quali ne sono succedute altre, tra Puglia e Piemonte, oltre che all’estero, in USA, Cile, Malta, Ungheria e Romania.
La Cantina Antinori ha lanciato sul mercato etichette che hanno fatto la storia del vino: Solaia, Contessa Maggi, Badia a Passignano, Pèppoli, solo per citarne alcune.
Per vocazione e storia familiare gli Antinori rappresentano uno dei simboli più rappresentativi della viticultura toscana. Nonostante il vostro profondo radicamento, negli ultimi 10 anni avete ulteriormente rafforzato i vostri investimenti nella Regione, in modo particolare nel Chianti Classico. Basti pensare alla nuova e avveniristica cantina del Bargino ed alle acquisizioni di vigneti a San Sano e Capraia. Cosa vi ha spinti a queste scelte e cosa rappresenta per voi il Chianti Classico?
La nostra famiglia ha iniziato l’attività vitivinicola nel territorio del Chianti Classico molti secoli fa ed è logico che, ancor oggi, ci sentiamo legati a queste terre meravigliose. Inoltre, siamo sempre più convinti che il potenziale qualitativo di questa denominazione sia di assoluta eccellenza e che molto ci sia ancora da lavorare per raggiungere il traguardo.
La vostra crescita è costellata da una successione di importanti acquisizioni, in Italia e all’estero. La Marchesi Antinori è oggi una delle poche aziende vitivinicole italiane con respiro internazionale: 16 tenute in Italia, dalla Toscana alla Puglia, sette nel mondo, dagli Stati Uniti all’Ungheria, e una quota di fatturato export che nel 2018 ha sfiorato il 60%. Come fate a coniugare la dimensione internazionale preservando, allo stesso tempo, una così marcata identità culturale e territoriale?
È una delle sfide che ci siamo posti perché il “genius loci”, il “terroir”, l’attenzione quasi ossessiva al dettaglio ed alla identità specifica di un territorio sono valori che fanno la differenza e che vanno coltivati e preservati.
Negli anni ’70, Antinori ha creato il Tignanello, una delle icone del vino italiano più note al mondo. Un prodotto fortemente innovativo, capostipite di una lunga teoria di vini toscani non a caso denominati, soprattutto negli USA, “Supertuscan”. Un fenomeno straordinario, sia sul piano commerciale che dell’immagine. A 40 anni di distanza di quale immagine gode oggi il vino toscano nel mondo? Come sono cambiati i mercati?
I cosiddetti “Supertuscan” hanno avuto il grande merito di accendere i riflettori degli “opinion leader” internazionali sul vino italiano. L’immagine attuale del vino toscano ha indubbiamente beneficiato della loro notorietà, ma ha raggiunto gli invidiabili livelli attuali grazie anche a denominazioni storiche come Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano ed altre più recenti, ma non meno prestigiose, come Bolgheri.
Da almeno un decennio la domanda mondiale di prodotti biologici è in fortissima crescita. Lo dimostrano le statistiche internazionali e gli scaffali dei supermercati. Tuttavia, in una prospettiva di medio e lungo periodo, la tendenza che si afferma con sempre maggiore evidenza è dominata dal tema della “Sostenibilità”, un concetto che ingloba qualità del prodotto, rispetto ambientale e responsabilità sociale dell’impresa. Concorda con questa valutazione? Avete programmi in questa direzione?
Riteniamo che la “sostenibilità” sia il nostro futuro: non solamente la sostenibilità “ambientale”, ma anche quella “sociale”, alla base di un armonioso sviluppo del Paese, ed anche quella “economica”, senza la quale diventano irrealizzabili le prime due.
Intervista a cura di Bianca Maria Bove