Consorzio Brunello di Montalcino.

Il successo della denominazione è il rapporto con il territorio.

Il compito più importante di un Consorzio di Tutela, come di una qualsiasi azienda che si rispetti, è di pensare costantemente al futuro. Un Consorzio deve capire quali sono le difficoltà che lo aspettano e quali opportunità si aprono, e possibilmente cercare soluzioni, indicare obiettivi e pianificare attività. Un compito che non è mai semplice e comporta anche una notevole dose di rischio, perché nessuno possiede capacità divinatorie e nessun metodo analitico, per quanto sofisticato, riesce a contemplare tutti i fattori, compreso l’incalcolabile.

Nel nostro settore il rischio è moltiplicato anche da elementi aggiuntivi e specifici – per esempio la durata decennale degli investimenti – che lo rendono in vari modi più “rigido” e meno flessibile. Per queste ragioni, tutte le nostre scelte devono essere ponderate e al contempo prudenti, perché influenzano le prospettive di produttori e mercato in un modo che talvolta non è nemmeno ipotizzabile. Tuttavia, possiamo individuare una prospettiva convincente, e probabilmente anche efficace, valutando con disincanto i risultati raggiunti, gli ostacoli che in passato abbiamo già superato e considerando l’esperienza che nel frattempo abbiamo maturato. Non sempre sono elementi sufficienti, ma basarsi sulla storia è comunque un buon punto di partenza.

La nostra, di storia, mostra peraltro una evidente linearità: in pochi decenni il Brunello è riuscito ad affermarsi come una delle icone dell’enologia mondiale, grazie alla ricerca della qualità e al dinamismo delle nostre imprese; nondimeno grazie a un territorio che attribuisce tipicità ai nostri prodotti, anche a costo di apparire talvolta spigolosi e poco comprensibili ai consumatori meno evoluti.

Un successo, a mio avviso, indipendente dalle mode, perché ha premiato imprese che hanno avuto il coraggio di promuovere vini “originali” evitando di ammiccare ai gusti più semplici. Allo stesso tempo, è stato il frutto della costanza, dell’ostinazione con cui si è creduto al potenziale di un prodotto che si è dovuto misurare con una concorrenza che anche nei segmenti più alti del mercato era già molto agguerrita. Sul piano commerciale si sono ottenuti risultati straordinari, a maggior ragione se si considera che hanno interessato l’insieme delle nostre imprese, con riflessi importantissimi sul territorio della denominazione.

Ogni anno si producono e si vendono, mediamente, poco meno di 10 milioni di bottiglie di Brunello, alle quali si aggiungono circa 4,5 milioni di Rosso di Montalcino – entrambe le denominazioni sono prodotte con il 100% di sangiovese – e 500 mila bottiglie delle altre due denominazioni che insistono sullo stesso territorio, Sant’Antimo e Moscadello. Un totale di circa 15 milioni di bottiglie collocate sui mercati di oltre 70 Paesi, con un fatturato che probabilmente supera i 200 milioni di euro. Un’economia che consente, direttamente o indirettamente, l’occupazione di alcune migliaia di addetti, con positive ripercussioni sul tenore di vita di un’area rurale ben più vasta della sola città di Montalcino.

Inoltre, c’è una seconda dimensione di cui dobbiamo assolutamente tener conto: il successo internazionale del Brunello ha originato un consistente flusso turistico che si è riversato sul suo territorio, stimolando lo sviluppo di una rete di servizi di medio e alto livello che ha generato ulteriore occupazione. Chiunque visiti Montalcino tra marzo e ottobre, si rende immediatamente conto di quanto la città, i suoi borghi e anche i comuni vicini, siano stati influenzati dal successo del Brunello, probabilmente in una misura che la pone sullo stesso piano delle destinazioni enoturistiche più importanti del mondo. Una conquista che restituisce la dimensione del successo della denominazione e che, allo stesso tempo, evidenzia anche il grado di interdipendenza economica che si è oramai stabilita tra vino e territorio; un legame profondo, solido e remunerativo, che dev’essere preservato e continuamente alimentato.

In campo enologico il rapporto con il territorio è un fatto scontato, quasi un cliché della comunicazione. Ma nel caso del Brunello questo legame esprime un contenuto materiale che ha pochi eguali in Italia e in Europa. La sola immagine del Brunello genera un impatto economico rilevantissimo, promuove occupazione e imprese, alimenta know how e incoraggia gli investimenti, anche stranieri. Negli anni i valori fondiari sono cresciuti, stimolando la messa a dimora di nuove colture e la ristrutturazione degli immobili storici.

In definitiva, il successo del vino ha innestato un effetto moltiplicatore che si è spinto ben oltre il suo stretto ambito, e tale basilare considerazione non può che condizionare il nostro approccio alle strategie future.

Gli obiettivi di medio e lungo periodo del Consorzio si sono orientati, di conseguenza, in una duplice direzione: la prima verso il consolidamento della presenza dei nostri vini sui mercati internazionali, migliorando posizionamento e qualità media, e aiutando i nostri soci a cercare sempre nuovi sbocchi. Sono compiti istituzionali che non possono essere trascurati ed è necessario svolgerli al meglio. Sappiamo bene che nel nostro campo il successo è sempre momentaneo, e nessuno può vivere a lungo di rendita: la qualità dev’essere assicurata e la promozione dev’essere assidua e professionale, a prescindere dai riconoscimenti e dalla notorietà che si è riusciti a ottenere. La seconda, invece, punta al territorio e allo sviluppo delle sinergie di sistema. Dobbiamo incoraggiare l’integrazione delle diverse componenti socioeconomiche per rendere il territorio più coeso e dinamico, perché siamo consapevoli che una maggiore integrazione renderà anche le aziende vitivinicole più forti e competitive.

Sul piano concreto abbiamo puntato le nostre carte su due strumenti: la “Fondazione Territoriale Brunello di Montalcino”, costituita nel dicembre del 2017 con l’obiettivo di sostenere e realizzare progetti in ambito socio-sanitario, culturale e di recupero del patrimonio storico – artistico; e il “Distretto Rurale di Montalcino”, riconosciuto dalla Regione Toscana nel 2016, con l’obiettivo di gestire progetti di sviluppo che coinvolgano imprese appartenenti a differenti settori, dal vitivinicolo al turismo. Sono obiettivi e strumenti che estendono la tradizionale sfera d’azione dei Consorzi, ma in qualche modo si tratta di una strada resa obbligata dalla dinamica stessa della denominazione. Ad un sistema che diventa di anno in anno più articolato non può che corrispondere una maggiore complessità delle politiche, con nuovi fronti e altrettanti obiettivi. Non credo che questo cambi la natura istituzionale del Consorzio, ma certamente ne accresce le funzioni e le responsabilità sociali.

Fabrizio Bindocci
Presidente Consorzio del Vino Brunello di Montalcino