Frescobaldi, 700 anni di storia del vino in Toscana.
Intervista a Lamberto Frescobaldi, Presidente Marchesi Frescobaldi.
La famiglia Frescobaldi produce vino da 700 anni. Di generazione in generazione, vengono tramandate eccellenza qualitativa e creatività, nonché la responsabilità di commercializzare il meglio della diversità toscana. Frescobaldi è sinonimo di coltivazione sostenibile, oltre che comunicazione e promozione della cultura toscana e dei suoi territori.
Al centro dell’attività dei Frescobaldi ci sono le tenute di famiglia, in cui vengono prodotti vini pregiati che ne rappresentano le identità con nomi di rilevanza internazionale, come Ornellaia, Masseto e Luce della Vite. Per Lamberto Frescobaldi, Presidente dell’azienda, la valorizzazione di ogni tenuta è la chiave per esprimere al meglio l’unicità dei vini.
Frescobaldi è un’azienda storica che ha puntato molto sulla diversità. Ogni tenuta viene trattata in modo differente e produce vini espressione di uno specifico terroir. Vini di prestigio con un preciso DNA, che conducono ad una sorta di “esperienza sensoriale”. Ciò implica un’organizzazione aziendale complessa, attenta alle specificità dei luoghi e dei fattori ambientali. Come si è evoluto il vostro modo di gestire vigneti e prodotti?
Abbiamo commercializzato vini, ma non solo. In differenti secoli siamo stati commercianti, banchieri e quindi agricoltori. In questi ultimi anni, ci siamo concentrati esclusivamente sulla produzione di uva e vini, mantenendo la nostra identità agricola.
Negli ultimi trent’anni, Frescobaldi ha dovuto affinare il suo modo di gestire i vigneti, ricercando l’identità del luogo, partendo dalla vigna e affermandola nei vini.
Nel 1990 abbiamo iniziato un ciclo di rinnovo dei vigneti, incrementando in modo consistente la densità degli impianti e prediligendo la bassa produzione per ceppo, consapevoli che questa scelta avrebbe comportato un parallelo aumento dei costi.
Anno dopo anno però, la qualità è cresciuta e oggi siamo convinti più che mai che la via della qualità sia quella da seguire. Quella scelta ci sta dando serenità anche sul piano economico, compensando gli importanti investimenti che abbiamo operato.
Di conseguenza, i luoghi di produzione hanno acquisito un peso sempre più rilevante; è grazie ad essi che un prodotto diviene unico e acquisisce una determinata identità.
Negli ultimi tre decenni il consumo di vino nei principali Paesi produttori (Italia, Francia e Spagna) si è più che dimezzato, mentre è cresciuto in altre aree, come il Nord America e l’estremo Oriente. A suo avviso, come si è evoluta l’offerta enologica rispetto al cambiamento degli stili di vita che ha interessato tutti i nostri tradizionali mercati di sbocco? Vi sono delle differenze tra Paese e Paese?
Che il consumo scendesse nei mercati tradizionali era previsto. Gli stili di vita sono cambiati, uniformandosi ad altri Paesi che a loro volta hanno iniziato a ricercare una più alta qualità del cibo e del vino simile alla nostra. Oggi dobbiamo continuare a comunicare le particolarità del vino e educare i consumatori ad apprezzare le diversità dei territori.
La vostra è una delle aziende toscane più note al mondo, con una forte vocazione all’export ed una significativa presenza sui segmenti più alti del mercato. Dal suo osservatorio, quali sono i punti di forza e di debolezza delle denominazioni toscane e quali sfide si troveranno ad affrontare nel prossimo futuro?
La Toscana è una regione magnifica. Abbiamo un buon numero di denominazioni che coprono il territorio, oltre ad avere l’IGT che permette di produrre vini che non rientrano nelle denominazioni, ma altrettanto eccezionali. Se denoto una debolezza è in questa lotta continua tra Chianti e Chianti Classico che disorienta i consumatori. In entrambe le denominazioni ci dovrebbe essere maggiore controllo sulla quantità e qualità del prodotto, al fine di garantire quel posizionamento che tutti si aspettano e pretendono.
Frescobaldi è anche ristorazione e Wine Bar. In questi settori avete messo in campo proposte che rispondano alle sensibilità etiche ed ambientali delle nuove generazioni? In che misura la crescente domanda di “sostenibilità” condizionerà il mercato e le imprese?
I mercati maturi richiederanno sempre più beni prodotti in modo sostenibile?
Oggi abbiamo bisogno di chiarire cosa voglia dire essere sostenibili. Biologico, biodinamico, sostenibile, naturale. Come vengono interpretati questi diversi approcci produttivi nelle 20 regioni italiane, e ancora come vengono interpretati in Francia, in Germania, in Spagna e nelle altre nazioni europee? La confusione regna sovrana e il consumatore potrebbe allontanarsi se non facciamo presto chiarezza. Personalmente ritengo sia necessario impegnarsi per essere il più possibile rispettosi nei confronti dell’ambiente.
Intervista a cura di Bianca Maria Bove