La decisione di costituire Valoritalia giunse, nel 2008, a coronamento di un processo di consolidamento della filiera vitivinicola che negli anni precedenti aveva trovato in Federdoc il principale luogo di discussione e proposta.
Allora come oggi, uno degli obiettivi principali di Federdoc era promuovere lo sviluppo di una viticoltura moderna e innovativa, capace di fornire quelle assicurazioni di tracciabilità e affidabilità che sono alla base del mercato contemporaneo. Ai non addetti ai lavori potrà sembrare inverosimile, ma fino all’inizio degli anni 2000 la viticoltura italiana era sostanzialmente priva di un organico sistema di garanzie a tutela di imprese e consumatori. La carenza riguardava tutte le tipologie di prodotto e tuttavia sembrava avere una maggiore rilevanza per i vini a Denominazioni di Origine che costituivano – a maggior ragione oggi – il vertice qualitativo della produzione nazionale.
In aggiunta, teniamo ancora presente che il contesto di mercato attraversava allora una fase di riassetto pressoché totale, sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda, e questo fattore ha giocato, a mio avviso, un ruolo fondamentale nell’orientare le politiche di settore. A partire dall’inizio degli anni ’90, e con velocità crescente, i mercati di sbocco delle imprese vitivinicole italiane sono diventati, al contempo, più sensibili alla qualità e più competitivi, creando opportunità che le imprese italiane sono riuscite a cogliere con successo. Sono cresciute le fasce di consumatori più “evolute”, mentre parallelamente la qualità si è trasformata da privilegio di poche aziende o Denominazioni, in una sorta di prerequisito per stare sul mercato. In altri termini, senza prodotti di qualità elevata e certificata sarebbe stato sempre più difficile affermarsi ed evolvere, soprattutto per le aziende medie e piccole che poi costituiscono l’ossatura portante della viticoltura italiana.
La crescita costante delle esportazioni italiane di vino, in volume e valore, ha fornito la conferma sulla correttezza del percorso intrapreso. In Paesi come USA, Germania, Inghilterra, e successivamente Giappone, Canada, Corea, Russia, Cina ecc.., le nostre imprese sono riuscite a rompere una sorta di monopolio storico sui prodotti di qualità, prima appannaggio quasi esclusivo di quelle francesi. In definitiva, è la ricerca di una sempre maggiore qualità ad aver consentito il rilancio della nostra viticoltura, tanto sul piano commerciale quanto sul piano dell’immagine; una qualità che si è manifestata innanzitutto sul piano tecnico, ma forse in modo ancora più evidente, per le eccezionali specificità e originalità territoriali che essa è in grado di esprimere. Tuttavia, chi come me sin da quegli anni ha seguito l’evolversi del mercato e il crescente successo dei nostri vini, ricorderà che il focus delle politiche messe in campo da Federdoc (che a sua volta rifletteva le richieste di imprese e Consorzi di Tutela) si incentrava sulla necessità e urgenza di risolvere alcuni punti di debolezza del nostro sistema. A partire dall’assenza, per l’appunto, di un organico sistema di verifiche capace di fornire alcune basilari garanzie circa la qualità, le specificità e la tracciabilità dei prodotti. Verifiche che innanzitutto devono certificare l’origine del prodotto coprendo tutto il processo, dalla produzione in campo alla trasformazione in cantina al collocamento “sullo scaffale”, ma soprattutto forniscono a operatori e consumatori la certezza che i prodotti acquistati rispettino gli standard previsti dai disciplinari. Peraltro c’è un secondo obiettivo delle nostre politiche che vorrei sottolineare: fornire assicurazioni a operatori e consumatori significa anche fornire un analogo livello di tutela alle stesse imprese produttrici, impedendo, a chi non rispetta le regole, di danneggiare le imprese viceversa virtuose.
Tutela dei consumatori e tutela delle imprese corrispondono ai due lati della stessa medaglia, ed entrambe concorrono a formare il mercato contemporaneo. Sulla base di queste politiche, Federdoc negli anni ha promosso, in un primo tempo, l’introduzione di pioneristici “Piani di Controllo” adottati in forma volontaria da alcuni Consorzi di Tutela, e successivamente, ha sostenuto con forza, in tutte le sedi, l’introduzione della loro obbligatorietà per tutte le Denominazioni di Origine. Il suo recepimento nella normativa, comunitaria e nazionale, ha rappresentato il coronamento delle nostre politiche, e allo stesso tempo, senza dubbio, l’inizio di una nuova fase per la viticoltura italiana. Quella in cui le garanzie fornite al mercato non sono che il risultato di processi produttivi trasparenti e verificabili.
La nascita di Valoritalia ha costituito un ulteriore passo in avanti delle nostre politiche: ha significato consolidare l’esperienza e la professionalità maturata nei consorzi e, allo stesso tempo, uniformare processi, tecniche, modalità di verifica, organizzazione dei dati, soluzione dei problemi. Per Federdoc questi sono aspetti sostanziali che solo apparentemente possono essere considerati come pure questioni tecniche. Non dobbiamo dimenticare che il vero punto di forza della viticoltura italiana risiede nella grande diversità dei suoi terroir e nella ricchezza dei suoi vitigni autoctoni, che si esprime in oltre 500 Denominazioni di Origine riconosciute e in migliaia e migliaia di differenti tipologie di vino.
Una ricchezza però, che trova il suo limite in un’estrema complessità e in una miriade di specificità e localismi, ai quali si sovrappone una normativa articolata su vari livelli (comunitaria, nazionale, regionale) che certo non aiuta a ottenere una visione unitaria del settore.
Valoritalia ha rappresentato e rappresenta uno strumento fondamentale delle politiche di Federdoc, perché grazie al suo radicamento sui territori ci consente di avere quella visione sistemica che è una precondizione di ogni strategia di successo. In meno di 20 anni la viticoltura italiana ha realizzato un eccezionale salto di qualità, ma dobbiamo anche essere consapevoli che la posizione raggiunta non è definitiva: il mercato sta cambiando in maniera forse ancor più profonda che in passato e le nostre imprese dovranno necessariamente adeguarsi. Cresce la sensibilità sulle tematiche etiche ed ambientali e parallelamente aumenta la richiesta di prodotti biologici a basso impatto ambientale o certificati per la loro sostenibilità. Di conseguenza, le garanzie richieste da operatori e consumatori tenderanno a seguire questa tendenza e il nostro sistema dovrà essere in grado di fornirle tempestivamente. Questo sarà il compito di Valoritalia nel prossimo futuro ma posso affermare che, con i servizi alle imprese per le certificazioni volontarie e lo standard Equalitas per la sostenibilità, abbiamo già dato risposte a questi nuovi bisogni.
RICCARDO RICCI CURBASTRO
Presidente Federdoc