Intervista a Letizia Cesani, Presidente del Consorzio.
Il 6 maggio 1966 veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto di riconoscimento della DOC Vernaccia di San Gimignano che diventava così il primo vino a Denominazione di Origine Controllata d’Italia.
Cosa ha significato per la Vernaccia di San Gimignano ottenere la DOC nel 1966?
Il sistema delle DOC ha fatto nascere una nuova cultura del vino e di gestione delle produzioni di qualità contraddistinte da marchi collettivi. Nei fatti è stata una svolta epocale. Siamo orgogliosi del fatto che la Vernaccia di San Gimignano sia stato il primo vino italiano a ottenere la Denominazione di Origine, poiché dopo 800 anni di storia, che fanno del nostro vitigno un “autoctono” per eccellenza, ha costituito un formidabile motore di rinnovamento e di crescita. Per il nostro territorio infatti, la nascita del marchio collettivo (e la sua conseguente gestione) ha contribuito al rinnovamento della comunità e allo sviluppo di un intero comparto economico, tanto da rendere la nostra filiera un modello di successo nella realtà produttiva nazionale.
A distanza di 50 anni siete ancora convinti che sia stata la scelta giusta? E lo è anche per il futuro?
Ne siamo assolutamente convinti, le Denominazioni sono un prezioso strumento per affrontare le sfide del mercato globale. La DOC Vernaccia di San Gimignano ha reso possibile che i produttori di San Gimignano si riconoscessero in un obiettivo comune: risollevare l’antico vitigno autoctono dalla zona grigia in cui era precipitato dopo 800 anni di storia. Per prima cosa, ma solo in ordine temporale, impiantando nuovi vigneti per aumentarne la produzione.
In secondo luogo, ma primo per importanza, migliorandone la qualità per portarlo da vino-bevanda a vino di eccellenza. Per il primo punto parlano i numeri: nel 1967, anno della prima vendemmia con la DOC, gli ettari a coltura specializzata rivendicati a Vernaccia di San Gimignano erano 65, da cui sono stati prodotti 708 ettolitri di vino (e a quel tempo la resa massima per ettaro era di 100 quintali di uva, mentre oggi è di 90). Nella vendemmia 2018 gli ettari a Vernaccia di San Gimignano rivendicati sono stati 720 per una produzione di 31.651 ettolitri di Vernaccia, nonostante le gelate primaverili e la siccità estiva abbiano ridotto la produzione di oltre il 25% rispetto alla media degli ultimi anni.
Il secondo punto, quello della qualità, è senza dubbio meno misurabile degli ettari e degli ettolitri. Tuttavia gli “indizi” di cui disponiamo – articoli di riviste specializzate nazionali ed estere, recensioni sulle maggiori guide dei vini, riconoscimenti da parte dei mercati – ci fanno ritenere che, anche per questo obiettivo, sia stato fatto molto. Questo non significa che pensiamo di essere “arrivati”, ma che sappiamo di avere intrapreso la strada giusta e di dover proseguire sulla medesima via.
Quali sono oggi le maggiori difficoltà che un Consorzio incontra nello svolgimento dei propri compiti istituzionali?
Le difficoltà sono molteplici e non soltanto economiche. Siamo reduci da una delle vendemmie più difficili del secolo, con una produzione diminuita di oltre un quarto. Ci troviamo perciò ad affrontare un anno complicato perché si perderanno quote di mercato e perché peggiorerà la remunerazione del nostro lavoro. L’aumento dei prezzi di listino non sarà certamente sufficiente a coprire la perdita di produzione, situazione questa che avrà ripercussioni sull’intero settore in termini di investimenti e di programmazione.
Il mercato globale comporta una concorrenza spietata; essere una DOCG storica ci aiuta perché riusciamo a presentarci con una forte identità, ma farsi conoscere e riconoscere in mezzo a tanta produzione è sempre più difficile. Altra difficoltà contingente è quella della protezione della Denominazione a livello internazionale, i costi per la sua registrazione nei Paesi dove c’è un reale rischio di usurpazione sono ingenti, ma come Consorzio dobbiamo tutelare i produttori e la nostra Denominazione.
Di cosa avreste bisogno per affrontare con serenità i prossimi 50 anni?
Prima di tutto avremmo bisogno di un maggior supporto economico per la promozione, divulgazione e tutela della Denominazione, perché svolgere i compiti istituzionali solo con le nostre risorse è diventato sempre più difficile. Il nostro obiettivo primario rimane quello di stimolare la richiesta di Vernaccia di San Gimignano da parte dei consumatori, collocarla nel panorama dei vini bianchi italiani al livello che merita per la sua intrinseca qualità. Questo sarà possibile solo con grossi investimenti, perché girare il mondo, partecipare a fiere e manifestazioni internazionali, costa molto. Ma il supporto non dovrebbe essere solo economico, le Denominazioni di Origine dovrebbero essere riconosciute come un bene collettivo e, in quanto tali, tutelate e protette da ogni forma di abuso.
Nell’ultimo decennio è aumentata fortemente la sensibilità sociale verso le tematiche ambientali, con una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità delle produzioni agricole. In che modo le aziende vitivinicole possono contribuire a mitigare l’impatto ambientale delle produzioni e attraverso quali politiche un Consorzio come quello della Vernaccia può sostenere questo processo?
Come Consorzio siamo profondamente convinti che le aziende possano contribuire alla salvaguardia dell’ambiente. Proprio per questo motivo nel 2014 abbiamo intrapreso un percorso di valorizzazione ambientale incaricando Indaco2 Srl, azienda spin-off dell’Università di Siena, di effettuare lo studio della Carbon Footprint della Vernaccia di San Gimignano, ovvero la quantità di gas serra emessi direttamente o indirettamente in atmosfera nel corso dei processi dell’intera filiera produttiva, dalla gestione del vigneto alla vinificazione in cantina, fino all’imbottigliamento, in modo da fotografare lo stato dell’arte, primo passo per ridurre al minimo le emissioni di CO2eq.
Dopo due anni di indagini, il risultato è stato estremamente confortante. L’impronta carbonica di una bottiglia da 750ml di Vernaccia di San Gimignano rilevata dalle analisi di otto aziende campione (quattro nel 2014 e quattro nel 2015), risulta pari a 0,80 kg CO2eq, ben al di sotto della media nazionale, che per i vini bianchi è pari a 1.31 kg CO2eq. Non solo, lo studio ha anche fornito in dettaglio le emissioni dei singoli processi e individuato gli interventi per diminuire ulteriormente l’emissione dei gas serra, rendendo quindi più agevole apportare correzioni al processo.
A suo giudizio sostenibilità ambientale e qualità organolettica dei prodotti sono risultati tra loro compatibili?
Assolutamente sì, non sono valori in competizione tra loro. Nel 2013, in occasione dei 20 anni della DOCG Vernaccia di San Gimignano, abbiamo organizzato un convegno dal titolo provocatorio “Il Bio è logico?” a cui abbiamo invitato personaggi importanti e con opinioni diverse, proprio per confrontarci sulla sostenibilità e la sua “convenienza” (da tutti i punti di vista). Da qui è emerso chiaramente che l’unica strada per l’agricoltura del futuro è quella della sostenibilità: la qualità sta nella sostenibilità.
ELISABETTA BORGONOVI
Addetto stampa Consorzio Vernaccia di San Gimignano