Nella convinzione che la produzione biologica, nelle sue diverse forme, garantisca una crescita dei territori in linea con la definizione di “sviluppo sostenibile” (Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, Rio de Janeiro 1992), Valoritalia opera da anni promuovendo la crescita del Biologico di Territorio e dei “biodistretti”, uno strumento, quest’ultimo, di governance innovativo e finalizzato ad uno sviluppo locale sostenibile. Il biodistretto è, per definizione, «un’area geografica dove agricoltori, operatori turistici, cittadini, ma anche altri operatori economici, nonché associazioni e pubbliche amministrazioni, stringono un accordo allo scopo di promuovere una gestione sostenibile delle risorse comprese nel proprio territorio. Lo fanno seguendo un modello biologico di produzione, ma anche di consumo» (Linee Guida AIAB). L’obiettivo consiste quindi nella valorizzazione e nella tutela simultanea di natura, paesaggio e agricoltura, cercando al contempo di orientare le scelte di produttori e consumatori verso politiche di sviluppo incentrate sulla sostenibilità. I biodistretti nascono e si affermano in aree che vedono una significativa presenza di imprese che prevedono metodi biologici, dove l’agricoltura convive con un territorio di alto valore paesaggistico (Chianti, Bio Venezia, Bio Altopiano) e nei quali sono già attive strategie di conservazione delle risorse naturali; oppure all’interno di parchi (Colli Euganei, Sila, Cilento) o, infine, in aree marginali dove il biologico costituisce un valore aggiunto per le produzioni locali (Val di Vara, Val di Gresta, Grecanico). Sono territori nei quali, nella maggior parte dei casi, agricoltura e turismo coesistono e si integrano, dando luogo ad un’offerta integrata di prodotti e servizi che contemplano, in senso lato, accoglienza e ristorazione, itinerari enogastronomici, storico-culturali e cicloturistici, reti museali, escursionismo ecc. Oltre agli agricoltori, un ruolo importante nella formazione e nella gestione dei biodistretti lo detengono gli operatori turistici, che, attraverso la promozione di vari servizi integrativi (ad esempio eco-itinerari) attribuiscono alla certificazione bio un valore fondamentale nell’offerta turistica locale. Sono territori che in vari modi esprimono una forte sensibilità verso una “cultura della sostenibilità”, sia da parte delle imprese (agricole e non solo) che dei cittadini, dove la qualità si è affermata come un prerequisito delle politiche locali e lo sviluppo si coniuga con la tutela attiva non solo dell’ambiente, ma anche della salute e degli altri aspetti che, più in generale, oggi consideriamo espressione di una elevata qualità della vita. Affinché l’istituzione del biodistretto non rimanga una dichiarazione d’intenti, è necessario che la spinta propulsiva provenga innanzitutto dal mondo produttivo, ma allo stesso tempo deve trovare nell’amministrazione locale un referente e un partner indispensabile, senza il quale nessuna politica di sostenibilità potrebbe pienamente affermarsi. Attualmente non esiste ancora una normativa nazionale che definisca ruoli, funzioni e struttura dei biodistretti, pertanto i pochi già esistenti sono stati costituiti o in base alla normativa regionale (nei casi ove questa è presente), oppure attraverso l’iniziativa diretta di associazioni locali di produttori. In generale, e prescindendo dalla specifica forma giuridica, i biodistretti sono composti da due principali tipologie di attori: i soci e i sostenitori. Parliamo innanzitutto di produttori biologici, di aziende trasformatrici operanti nel biologico, associazioni biologiche e così via. La partecipazione in qualità di soci può essere estesa anche a Consorzi di Tutela vitivinicoli e a Consorzi di Tutela di prodotti di qualità, Università, altri enti di ricerca, consulenti, tecnici del settore e operatori turistici, ai gruppi di acquisto solidale, ai Comuni e alla Camera di Commercio. Peraltro, in alcuni biodistretti, Valoritalia ha assunto il ruolo di sostenitore, unitamente ad alcune banche e, spesso, agli stessi cittadini. Valoritalia, che con le sue 34 sedi operative è presente in molti dei territori rurali appartenenti alle più importanti Denominazioni di Origine Vitivinicola, incentiva lo sviluppo del biologico e, soprattutto, del buon biologico di territorio, che porta con sé vitalità e crescita economica. Per loro natura, i biodistretti costituiscono un luogo di sperimentazione e innovazione, di metodi e di processi; sono luoghi ideali per testare sistemi di certificazione più snelli e più efficaci. Grazie alla loro natura associativa, i biodistretti possono partecipare sia agli attuali PSR delle singole regioni (in particolare ai Gruppi di Cooperazione nell’ambito della Misura 16), sia alle misure di Ricerca e Innovazione del POR. Ad esempio, per la sperimentazione della cosiddetta Certificazione di Gruppo prevista dal nuovo Regolamento CE 838/2018, Valoritalia partecipa al progetto finanziato dalla misura 16 del PSR Regione Veneto denominato T.E R.R.I.T.O.R.I. BIO (Territori E Reti Rurali per Innovazioni Tecniche e Organizzative Rivolte a Imprese biologiche). L’idea progettuale nasce da un’attenta analisi delle problematiche emerse tra le aziende agricole biologiche e in conversione, che rientrano nei due biodistretti del Veneto, Bio Venezia e Colli Euganei, ed espresse nel Gruppo Operativo (GO) Territori bio, a partire dal quale sono stati definiti alcuni obiettivi di carattere generale funzionali alla crescita del distretto, sia in termini economico-gestionali che di promozione sul mercato, ovvero: – promuovere il consolidamento delle esperienze bio attraverso un servizio di assistenza e formazione continua delle aziende; – aumentare la redditività e la competitività delle imprese; – individuare le opportunità offerte dal mercato congiuntamente all’adozione di strategie di co-marketing; – semplificare la burocrazia delle procedure in carico alle aziende (in quest’ultimo campo si colloca la sperimentazione affidata da Valoritalia); – rafforzare l’identità produttiva e la capacità organizzativa dei territori, con l’obiettivo di aumentare sia le superfici destinate alle produzioni biologiche, sia il numero di aziende coinvolte. Inoltre, nella logica della Misura 16 e dei GO del PEI (Partenariato Europeo per l’Innovazione), con riferimento al passaggio ad un nuovo modello produttivo, sono stati individuati e definiti una serie di problemi da risolvere, sia di ordine tecnico che gestionale, ai quali corrispondono le relative soluzioni innovative (si veda lo schema grafico). In questo caso il biodistretto, anche grazie alla sua intrinseca capacità di coagulare una molteplicità di istanze e interessi, ha rappresentato un modello di “progettazione partecipata”, il cui fulcro è costituito non solo dalla condivisione di strategie e obiettivi di lungo periodo, ma soprattutto da una comune interpretazione dello sviluppo del territorio. Probabilmente in questo sta il vero valore aggiunto dei biodistretti: aver compreso e trasformato in un valore, l’idea che lo sviluppo di territori fragili e circoscritti sia possibile solo alzando l’asticella della qualità, garantendo uno sfruttamento sostenibile delle sue limitate risorse ambientali e, ultimo ma non meno importante, rafforzando la cooperazione tra imprese, cittadini e istituzioni.
SANDRA FURLAN
Responsabile progetti e sviluppo commerciale Valoritalia