di GIUSEPPE LIBERATORE, DIRETTORE GENERALE VALORITALIA

E’ passato oramai un anno dall’uscita del numero zero di questa rivista e il suo bilancio è, nel complesso, molto incoraggiante. Risultati positivi non solo e non tanto perché ha consentito a Valoritalia di ottenere un consistente aumen-to di notorietà presso un pubblico più ampio degli stretti addetti ai lavori, ma anzitutto perché ha rafforzato i presupposti che erano e sono alla base della nostra linea editoriale. Il primo e più importante è relativo al ruolo che svolgono gli organismi di certificazione all’interno di un settore complesso, e al con- tempo strategico per l’economia nazionale, come quello vitivinicolo. Un ruolo che non può e non deve essere ridotto a quello di semplice “controllore” che una certa vulgata attribuisce a questi enti, perché si tratta di una visione fuorviante ed in qualche modo anche distorsiva.

La nostra comunicazione deve tendere a modificare questa percezione arricchendola di un valore positivo; una percezione per la quale la certificazione dovrebbe essere considerata per quello che effettivamente rappresenta, ossia un ulteriore valore aggiunto che viene a sommarsi alla notorietà della Denominazione e del brand aziendale, oltre che alla specifica qualità nel prodotto. Un vino certificato secondo i criteri previsti dal proprio disciplinare di produzione possiede requisiti oggettivi e misurabili, possiede una tracciabilità completa che parte dalla vigna e finisce con l’immissione sul mercato, possiede requisiti organolettici e chimici verificabili.

Ogni vino che si fregi di una menzione tradizionale, sia essa DOCG, DOC o IGT, è frutto di un processo articolato che viene costantemente monitorato; ogni dettaglio del suo iter viene memorizzato e ogni sua trasformazione – una vendita, piuttosto che un taglio, o una qualsiasi altra delle decine di casistiche possibili è sottoposta ad una verifica di compatibilità. Tutto questo rappresenta, lo ripeto, un effettivo valore aggiunto, perché dimostra in termini concreti, accertabili e misurabili, tanto la serietà della singola azienda che rispetta tutti gli standard previsti, quanto l’affidabilità di un intero sistema.

Come sostiene il presidente Liantonio nel successivo articolo, in sostanza, la certificazione è uno strumento posto a garanzia di imprese, operatori e consumatori, e come tale deve essere percepito. È evidente che non si tratta di un compito facile né immediato, nondimeno il nostro impegno sarà mantenuto e possibilmente rafforzato. I numeri e le cifre che presentiamo in queste pagine mostrano, senza dubbio, la complessità organizzativa e il grande sforzo operativo che sono a fondamento di queste garanzie. E non potrebbe essere diversamente, perché l’acquisizione di fiducia è sempre il risultato del lavoro e dell’impegno quotidiano.