Ricostruire il futuro.
Calo dei consumi, riduzione dei prezzi medi, contrazione generalizzata del valore totale delle vendite e dei ricavi, diminuzione della marginalità delle aziende vinicole. Lo scenario dell’impatto di Covid-19 sul mondo del vino descritto da Pau Roca, direttore generale dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (Oiv) – organismo a cui aderiscono 47 stati del mondo – è molto crudo. La chiusura del canale HoReCa in quasi tutti i paesi – dice ancora Roca – potrebbe comportare una flessione, specialmente in Europa, del 35% in volume e di oltre il 50% in valore.
L’Italia, producendo quasi un quinto di tutto il vino del mondo, vendendone quasi la metà in patria ed esportandone altrettanto all’estero, risulta particolarmente colpita da un blocco che sta fiaccando i nostri viticoltori.
Certo il canale dei supermercati funziona – coinvolgendo però solo una parte della filiera – e il commercio online sta conquistando posizioni, ma, nonostante ciò, non si possono certo compensare le vendite di un canale così strategico come HoReCa – dove si consuma il 35% del vino pari al 55% del valore – che sembra destinato ad aumentare i suoi costi, ma non ad incrementare proporzionalmente le entrate a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia.
A tutto ciò si deve aggiungere il crollo del turismo, dell’hotellerie, dell’agriturismo, dell’enoturismo e dell’indotto correlato, che rappresentano un’entrata fondamentale sia per le aziende che per i territori.
Eppure il 2019, nel mondo, è stato un anno in cui gli scambi internazionali di vino erano tornati a salire a 105,8 milioni di ettolitri (+1,7%) per un valore record di 31,8 miliardi di euro (+0,9%), in cui il consumo di vino si era stabilizzato a 244 milioni di ettolitri con trend addirittura positivi in Italia e Francia. (Fonte OIV).
Ora però bisogna iniziare per tempo ad immaginare una ripartenza graduale, seppur in una situazione di instabilità e di incertezza, a causa dell’assenza di un vaccino in grado di debellare il virus.
Il distanziamento sociale e in generale le limitazioni che la presenza di Covid-19 continuerà ad esercitare sulla nostra vita sociale nei prossimi mesi, richiede uno sforzo collegiale di inventiva da parte dell’intero settore, dalle aziende ai territori di produzione, ipotizzando delle priorità.
Al di là delle misure nazionali ed europee (distillazione, vendemmia verde, stoccaggi, iniezioni di liquidità, ecc.) che verranno stabilite, dovrebbe prevalere l’idea di difendere e di incrementare il nostro export come un elemento di primaria importanza.
Data la situazione, l’Ocm Vino può continuare a svolgere una funzione decisiva a patto di eliminare tutte quelle difficoltà burocratiche che ne ritardano l’applicazione e quindi l’efficacia sui mercati.
Oggi più che mai spalmare su un sempre maggiore numero di paesi il nostro vino è la migliore garanzia per il futuro alle nostre filiere produttive.
È altrettanto importante assicurare ai territori di produzione di non perdere quella struttura portante di lavoro e di competenze così faticosamente costruita nei decenni, evitando una prospettiva tragica di povertà, grande disagio sociale e di spopolamento di molti territori.
Per questo da una parte bisogna favorire la distribuzione ed il consumo di produzioni agroalimentari locali, dall’altra bisogna incentivare le imprese a occupare almeno parte della mano d’opera, anche turistica, nelle attività al pubblico o in altre occupazioni, riducendo il numero dei disoccupati o dei cassaintegrati e salvaguardando quel tessuto di professionalità che ha portato al successo tante nostre aree produttive.
The last but not least, bisogna rilanciare l’immagine del nostro Paese con una campagna di comunicazione (video, carta stampata, on line, ecc.), di impatto mondiale, nella quale coinvolgere le migliori personalità e professionalità nazionali, in uno sforzo creativo per evidenziare i punti forti del brand Italia. Con la cultura a fare da collante di temi quali il patrimonio storico-artistico, la bellezza dei territori e delle città, la creatività come elemento distintivo del made in Italy, la produzione di merci e prodotti di qualità unica, sino al nostro stile di vita.
Abbiamo assoluto bisogno, quando ci saranno le condizioni, di incrementare l’incoming turistico.
Andrea Gabbrielli
Giornalista
Biografia
Andrea Gabbrielli, romano, giornalista, dal 1989 è stato caporedattore della guida Vini d’Italia e dal 1992 caposervizio del mensile Gambero Rosso. Dal 1996 è libero professionista. Nel 1990 ha vinto il Premio Internazionale Barbi Colombini; nel 2012 il Premio giornalistico “Terre del Nero di Troia”; nel 2014 il Premio giornalistico Rieti Cuore Piccante; nel 2018 l’Etna Wine Award e il Premio Internazionale Casato Prime Donne, sezione Io e Montalcino. È giurato nei concorsi internazionali tra cui Mundus Vini. Collabora con le più importanti testate enogastronomiche – tra cui il Gambero Rosso e il settimanale Tre Bicchieri – per cui svolge servizi in Italia e all’estero. Tra le sue pubblicazioni: Pierluigi Talenti – L’altro Brunello (Veronelli editore); Gianni Masciarelli – Un vignaiolo a modo suo (Veronelli editore); Il Vino e il Mare-Guida alla vite difficile delle piccole isole (2011 – Iacobelli Editore).