L’enoturismo… che non si fermerà.

Intervista ad Alberto Mazzoni, Direttore dell’Istituto Marchigiano Tutela Vini.

Alberto, la situazione che ci troviamo ad affrontare oggi è difficile per tutti. Qual è il tuo punto di vista come italiano, come enologo e come Direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini?

Il problema attuale è la paura: del contagio, del futuro. Abbiamo paura di una catastrofe a livello umano ed economico, che però, a mio avviso, potrebbe non arrivare. Per quanto sia vero che l’epidemia può essere contenuta solo tenendo la gente a casa, è anche vero che queste misure rischiano di creare una seria crisi economica. Dobbiamo imparare a convivere con il virus. Fin quando non verrà trovato un vaccino, anche se tutto il mondo ci sta lavorando, il Coronavirus non verrà debellato. Ovviamente, dopo aver trovato la cura, occorrerà una fase di sperimentazione sull’essere umano, che porterebbe alla messa a disposizione di esso anche tra un anno. Questo significa che dobbiamo prevedere almeno due anni di convivenza con il Covid-19. Dobbiamo metterci l’anima in pace e convivere con la paura del contagio e dei suoi effetti nefasti. Tutti noi abbiamo paura di incrociare qualcuno che sia asintomatico. Il timore generato nelle persone, che per due mesi sono rimaste sigillate in casa, compiendo un grande sforzo e atto d’amore per il proprio Paese, potrebbe però peggiorare la condizione di tante aziende. Ora che siamo in piena fase 2 del lockdown, sono convinto che prevarrà l’intelligenza collettiva degli italiani, che saranno in grado di rimboccarsi le maniche e contribuire alla rinascita della nostra economia. 

Abbiamo delle aziende leader mondiali nei rispettivi settori. Siamo una popolazione dotata di genio, di gente che legge il giornale il giorno prima. Se il nostro Governo, insieme all’Europa, accompagnerà questa gente, saremo in grado di dar vita, seppur lentamente, a una rinascita. Sicuramente però, dobbiamo essere consapevoli di dover modificare il nostro stile di vita, comprendendo che da casa si può lavorare ugualmente, essendo addirittura più produttivi. Abbiamo raggiunto l’apice durante gli scorsi anni, e ora lo stiamo discendendo. Quindi siamo pronti per risalire la china e non ci vorrà molto tempo, perché siamo un popolo che ha dato sempre il meglio durante le difficoltà.

Quindi l’Italia saprà ripartire, e alla grande. Quale sarà secondo te il punto di partenza? La coscienza, la lungimiranza, o l’amore degli stessi italiani per il made in Italy?

Gli italiani amano l’Italia. Potrebbero saggiamente prendere la decisione di invertire il trend degli ultimi anni, che vedeva la scelta delle mete estive quasi sempre all’estero. Sapranno prediligere le mete nazionali, magari a pochi km da casa, e soprattutto legate al mondo agricolo. Non è un caso che da trent’anni a questa parte, il codice ATECO legato all’agricoltura è lo 01. Perché? È il primo della lista, quello da cui tutto nasce, prende vita. Questa pandemia ha riportato l’attenzione mondiale sulla terra, sul clima, sulla natura e, soprattutto, sui prodotti della terra stessa. È questa la base della nostra rinascita. I soldi nei portafogli, almeno per un po’, saranno sempre meno, la gente non prenderà l’aereo per paura dell’aria infetta, non andrà nei ristoranti per paura che il tovagliolo non sia sanificato. Questa faccenda riporterà molta gente ad andare ad approvvigionarsi direttamente dal produttore. Anzi, molte persone inizieranno a piantare il proprio orto in casa. La diffidenza, la paura, si sa, la si supera facendo da sé. Il vino del contadino, che lavora all’aria aperta, avrà un valore inestimabile, perché, secondo l’opinione pubblica, non contaminato. A oggi, le contrazioni dei consumi, soprattutto nel settore vino, non sono state così devastanti come era stato previsto. Per tutto il mese di marzo sono continuate le esportazioni, mentre la GDO ha coperto il mancato consumo dell’ HoReCa. È vero però, che la tipologia dei consumi è cambiata.

In campo agricolo e vitivinicolo, quali saranno le aziende capaci di sopravvivere alla crisi?

Al momento, sopravvivono solo le aziende legate alla grande distribuzione, che purtroppo costituiscono una parte minoritaria delle aziende italiane. Il nostro Paese è fatto da imprese piccole e medie che hanno subito significative perdite perché legate principalmente al canale HoReCa. Non bisogna inoltre dimenticare che dietro la chiusura di un ristorante, di un bar, non ci sono solo i ristoratori, ma un popolo di lavoratori, come i camerieri, i lavoratori stagionali, che spesso sono sconosciuti allo Stato. La forbice sociale quindi si aprirà sempre di più. E se lo Stato non riconoscerà anche questa tipologia di lavoratori a rischio, ho paura che si arrivi a una sommossa. Gli unici al sicuro, che non moriranno mai di fame, sono i possessori di un pezzo di terra. Tutta la potenza della nostra Nazione è nata dalla terra e noi ne stiamo riscoprendo il ruolo imprescindibile. Per ripartire da zero ci vogliono scarpe grosse e cervello fino. Bisogna adattarsi. Sopravviverà chi sarà bravo a reinventarsi, soddisfacendo bisogni che prima la nostra società non aveva. Ristoratori, fiorai, pizzerie devono organizzarsi con il delivery. Le cantine si stanno organizzando con il Bag in Box per effettuare agevoli consegne a domicilio. Se alla base di una nazione c’è l’agricoltura, essa è autosufficiente, e quindi il collasso è evitabile. Bisogna rivedere anche i propri consumi, prediligendo le produzioni autoctone. Prima compravamo perché ci ricordavamo di mangiare. Compravamo e buttavamo. Oggi sono tutti coscienti di quello che acquistano per due motivi: diminuita capacità di spesa e conseguente paura dello spreco, unite a maggior attenzione alla sicurezza alimentare.

Prevedi quindi che anche l’enoturismo, legato alla terra, all’agricoltura, sarà in grado di adattarsi e sopravvivere?

Anche se il turismo verrà penalizzato, potrebbe subire seri danni il cosiddetto turismo di lusso, legato ai Grand Hotel e alle grandi città, basato sui confort. La gente dopo la quarantena avrà bisogno di aria pura e natura. Quindi si potrebbe innescare un trend positivo per l’enoturismo. Potrebbero anche cambiare i turisti: non più provenienti dall’estero ma dalla stessa Italia, in cerca di benessere, prodotti e natura a km 0. Certo, la capacità di spesa sarà molto diversa. Al momento il turista italiano non potrà permettersi extralussi, quindi le strutture a 5 stelle saranno le prime a subire. Eravamo abituati ad avere tutto, a gustare frutta e verdura in ogni stagione, grazie alle moderne tecniche, alle serre. Avevamo perso il piacere di godere di una primizia. Torneremo indietro. Riscopriremo formaggi, carni e vini nostrani.

L’enoturismo, gli agriturismi, le masserie, sopravviveranno, proprio per la multifunzionalità insita nelle aziende agricole. L’agricoltura, meglio se biologica, costituirà la salvezza di tanta gente. Tutti penseranno di più alla salute, e il cibo è il primo prodotto che subirà tale cambiamento. Recandosi nelle aziende agricole le persone potranno trovare pane, pasta, carne, latte, formaggi, frutta a verdura, oltre che vino. Tutto prodotto in sicurezza, lontano da contagi e prodotti chimici. Gli agriturismi saranno i garanti della nostra salute. Le etichette varranno, ma la faccia di chi produce conterà ancora di più, perché è il produttore a infondere fiducia. Si riscoprirà quello che avevamo a portata di mano e non consideravamo, sono fortemente fiducioso. Quello che serve però è la promozione, la comunicazione.

La Regione Marche sta per iniziare una campagna promozionale legata alla riscoperta del territorio e dei nostri prodotti. Anche partendo come target dai marchigiani stessi, che magari non sono a conoscenza dell’immensa ricchezza che posseggono. La gente tornerà a scoprire la terra. Tutto ciò che arricchirà un turismo di qualità, ossia cibo, storia e ambiente, non subirà alcuna crisi. La somma dei nostri errori ci renderà migliori e apprezzeremo quello che avevamo.

Bianca Maria Bove
Valoritalia