Agricoltura bio e IoT: sinergia o conflitto?
È un pensiero comune che l’agricoltura biologica e la tecnologia si trovino agli antipodi.
L’uso di tecnologie IOT nella pratica dell’agricoltura biologica suscita spesso commenti stupite: “Che fai? Usi anche l’alta tecnologia? Ma il biologico non è l’agricoltura di una volta, fatta come la facevano i nonni?”
Questa è una buona occasione per illustrare come l’utilizzo dell’IoT nella concreetezza dell’agricoltura e del sistema alimentare biologico non sia un passo indietro ai “bei vecchi tempi”, ma due balzi in avanti. La spinta viene dalle esperienze dei vecchi tempi (che spesso non erano poi così “belli”), dalla conoscenza acquisita e dagli strumenti “puliti” di più recente disponibilità. Nel complesso, IoT e altre tecnologie possono aiutare gli agricoltori biologici ad affrontare meglio la diversità, mantenendola e valorizzandola.
Ci sono almeno quattro ragioni per cui l’IoT può essere, e in certi casi già lo è, di grande aiuto per il bio:
1) L’agricoltura biologica richiede un alto grado di conoscenza e più informazioni hanno gli agricoltori, meglio possono applicare strategie di prevenzione, prendere decisioni efficaci e agire (o non agire!) tempestivamente.
Questo è vero nella produzione vegetale così come nella zootecnia. Ecco un esempio cruciale di protezione delle piante: come ridurre l’uso del rame in viticoltura utilizzando conoscenze e informazioni specifiche relativamente al luogo e al sistema e, al tempo stesso, veloci? Le opzioni sono almeno tre: un’app che consente di condividere le osservazioni tra agricoltori e consulenti che operano nella stessa area (www.4grapes.it), uno strumento di supporto alle decisioni (uno dei tanti disponibili) per identificare con precisione le necessità di trattamento e il momento migliore, e uno strumento di lettura delle immagini in grado di quantificare il rame attivo sulle foglie (in fase avanzata di sviluppo).
Un altro esempio riguarda il collegamento tra produzione vegetale e zootecnia: la rotazione e la diversificazione delle colture sono fondamentali per un’agricoltura biologica sana e di successo. Ma le colture ad uso zootecnico, soprattutto per i monogastrici, sono piuttosto poche. Considerando le fonti proteiche, la soia svolge un ruolo fondamentale nella mangimistica, come nei sistemi convenzionali, ma viene coltivata in aree limitate in Europa. Una soluzione consiste nell’utilizzare una combinazione di granelle in base alla disponibilità dei prodotti durante l’anno (piselli, lupini, fave, favini, derivati dell’industria alimentare, ecc.). Che cosa è necessario sapere per implementare tale idea?
a) l’esatta composizione delle diverse granelle;
b) i fabbisogni specifici degli animali;
c) un modo veloce per calcolare una razione bilanciata.
Due strumenti IoT possono essere utili a livello di azienda agricola: un’attrezzatura per misurare gli elementi nutritivi nei mangimi e uno strumento per pianificare la somministrazione delle razioni e bilanciare l’alimentazione degli animali via via che le colture utilizzate come mangime si avvicendano. Il primo è già in commercio: un infrarosso portatile che in pochi secondi e utilizzando pochi chicchi può misurare proteine, umidità, carboidrati e oli (www.grainsense.com). Anche il secondo è disponibile, come risultato del progetto H2020 OK-Net Ecofeed: uno strumento per pianificare le razioni per consentire agli allevatori di adattare progressivamente la dieta dei propri animali in base alla disponibilità stagionale ( https://organic-farmknowledge.org/tool/38690).
2) In ambito agricolo molte attività richiedono un lavoro pesante, ad esempio la gestione delle erbe infestanti e la raccolta negli ortaggi o, per andare all’estremo, la selezione dello zafferano. Si tratta di compiti duri, spesso sottopagati, che richiedono molto tempo e risultano essere spesso economicamente insostenibili. In questi casi strumenti ottici o strumenti guidati da GPS possono essere di grande aiuto, così come i robot per la gestione delle infestanti.
Queste tecnologie non vanno intese come in competizione con il lavoro umano, perché possono ridurre e rendere meno pesante un tipo di lavoro che nessuno vuole realmente svolgere.
Su questo tipo di strumenti sono in corso diverse attività sperimentali e ci sono soluzioni già disponibili sul mercato.
3) L’agricoltura biologica è fortemente caratterizzata dalla capacità di utilizzare al meglio e nel modo più sostenibile la biodiversità locale. La tecnologia IoT è d’aiuto nella gestione di aree non omogenee o dalle caratteristiche molto specifiche, dove le capacità e l’esperienza degli agricoltori consentono di adattare le pratiche colturali alle condizioni e alle potenzialità. In zootecnia gli strumenti IOT che consentono di conoscere le esigenze specifiche di ciascun animale e conseguentemente adeguarne alimentazione e condizioni ambientali, sono fondamentale per migliorare e garantire il benessere degli animali e, al contempo, migliorarne la produttività. Nella trasformazione l’IOT torna utile anche nella gestione della qualità del prodotto finale, poiché consente una precisa conoscenza delle materie prime, specifica per varietà, lotto, provenienza ecc, consentendo una piena tracciabilità.
Negli ultimi anni si è molto ampliata la gamma di sensori e attuatori disponibili sul mercato. Tali strumenti consentono un uso razionale delle informazioni fornite e un’approfondita “agricoltura di precisione”, nel senso di un’agricoltura in sintonia con le esigenze, le potenzialità e le sensibilità ambientali, nella specificità del luogo e consentono di evitare, così, alla necessità di semplificare le operazioni agricole, cosa che da decenni ha indotto una dannosa omologazione delle tecniche e delle pratiche. La possibilità di monitorare le condizioni da remoto può consentire persino di riportare all’uso agricolo aree considerate troppo remote o troppo marginali.
4) Il sistema di certificazione dell’agricoltura biologica ha un disperato bisogno di rafforzare la propria affidabilità e liberarsi dell’onere burocratico.
Un elemento chiave è il pieno sfruttamento dei dati già disponibili e il collegamento delle fonti di tali dati, che sono banche dati gestite da diverse autorità pubbliche o enti privati. Una connessione “semplice” delle fonti di dati andrebbe già a vantaggio del sistema di certificazione e sgraverebbe gli agricoltori. Inoltre, i sensori, a livello di azienda agricola, stalla, stabilimento ecc. possono supportare il processo di certificazione e consentire di mantenere il controllo tra un audit e un altro. L’emergenza Covid-19 ha reso ancora più urgente la ricerca di alternative a distanza agli audit “live” o, almeno, di sistemi misti.
Ma vi è qualche elemento preoccupante.
Come nel caso della maggior parte dei sistemi IT, la proprietà dei dati è ancora una questione aperta e gli agricoltori rischiano di perdere il controllo sui propri dati a vantaggio di attori per cui possono essere estremamente preziosi, come venditori di tecnologia, e gestori della catena del valore.
L’interoperabilità dei sistemi e delle banche dati è un obiettivo urgente, ma lungi dall’essere raggiunto. Gli operatori hanno bisogno di strumenti in grado di gestire tutti i propri dati, preferibilmente con un unico strumento, intuitivo e di facile utilizzo. Nel complesso, gli interessi commerciali, la proprietà dei dati e i vincoli alla privacy stanno ponendo serie domande sulla gestione dei dati, ora e nel tempo, ed è indispensabile trovare una soluzione equa ed efficace.
Per concludere, la strada per il pieno utilizzo del potenziale IoT nel mondo agricolo dovrebbe passare attraverso un’inversione di approccio: le esigenze degli agricoltori e non il business tecnologico dovrebbero guidarne lo sviluppo.