Connessioni in cantina per certificazioni più efficienti.
Abbiamo già parlato, in altre sedi, della partecipazione di Valoritalia al Progetto IOF2020, da poco concluso, finanziato dalla Commissione Europea col fine di comprendere come l’Internet delle cose (IOT) potrà cambiare l’agricoltura del futuro.
Valoritalia si è occupata, nello specifico, del rapporto tra IoT e certificazione. Ora che l’esperienza è terminata, è il caso di chiedersi se, in concreto, l’IoT e la digitalizzazione possono rendere più leggero e più sicuro il processo di certificazione dal punto di vista del produttore.
Inizio il mio ragionamento definendo la certificazione: serve ad assicurare che il prodotto o il processo produttivo corrispondano a un disciplinare al quale si è deciso di aderire.
L’imprenditore nel perseguire lo scopo di un prodotto con determinate caratteristiche, infatti, deve considerare elementi che sono di difficile controllo:
• i fattori produttivi ricevuti differiscono da quelli attesi,
• la qualità del lavoro in azienda non corrisponde alle aspettative,
• nel fortunato caso in cui la qualità del lavoro corrisponde alle aspettative, si compiono comunque errori,
• manca sempre tempo.
La certificazione presuppone che un organismo terzo esterno e imparziale effettui controlli per verificare che ciò che viene prodotto corrisponda a quanto previsto dal disciplinare.
Per il produttore l’adesione a un processo di certificazione comporta, oltre a un esborso monetario soprattutto l’uso di tempo: per trasmettere documenti, compilare registri e partecipare a visite ispettive. La prima considerazione sulla digitalizzazione riguarda proprio il tempo. La digitalizzazione, trasforma ciò che è cartaceo in bit, ma per compilare un registro digitale si spende più tempo rispetto a quello che si perde con registro fisico e spesso servono competenze informatiche.
Una volta che il dato è digitalizzato, diventa tuttavia possibile riutilizzarlo.
Se il dato digitale viene prodotto e usato nel processo produttivo, ad esempio per contabilizzare i costi, il tempo da dedicare alla certificazione diminuisce. Viceversa, se il dato deve essere ri-digitalizzato ogni volta, il tempo sprecato aumenta notevolmente.
Pensiamo a cosa è successo con la comparsa del registro dematerializzato. Il tempo per compilare il registro è aumentato, i piccoli produttori spesso si rivolgono a un consulente che li supporti, per mancanza di tempo o scarse conoscenze informatiche. Tuttavia, grazie a questo strumento, la certificazione si è semplificata: i dati in possesso di Valoritalia sono allineati a quelli della cantina e del gestionale di cantina. Tutta l’attività ispettiva in cantina si è semplificata.
La seconda considerazione riguarda la quantità di dati prodotti per e richiesti dalla digitalizzazione. Digitalizzare significa anche gestire in maniera automatica, o quasi, dati che provengono dalla più svariate fonti.
Pensiamo a quante informazioni si possono estrarre da un trattore a guida semiautomatica e quante ne servono per farlo funzionare. Oggi stiamo imparando a vedere un nuovo mondo con occhi digitali, ma non sappiamo osservarlo, dobbiamo ancora imparare a mettere a fuoco solo quello che ci serve e non il tutto. Tendiamo a raccogliere e usare dati che non producono informazione: è importante focalizzare bene l’attenzione sui dati realmente utili per risparmiare tempo utile, sia per i produttori, sia per gli organismi di certificazione.
La mia ultima considerazione relativa al rapporto tra certificazione e digitalizzazione riguarda l’errore. Ogni volta che trasferiamo dei dati in maniera manuale compiamo degli errori di trascrizione. La macchina in questo caso permette di limitare la generazione di errori. Capita che le non conformità siano il frutto di semplici errori di battitura compiuti in azienda o, ad es. nel CAA ed è complicato per il produttore accettare di essere sanzionato per cause come queste, non imputabili al suo operato. In questo caso la digitalizzazione semplifica il rapporto tra produttore e Organismo di Certificazione. La digitalizzazione sicuramente rende la certificazione più sicura: riduce l’errore umano e richiede personale con competenze specifiche e in futuro sostituirà parte del lavoro umano.
In conclusione, tornando alla domanda inziale: la digitalizzazione sembra essere uno strumento fondamentale per alleggerire il lavoro di certificazione, a una condizione però: che sia possibile usare (e riutilizzare) il dato digitalizzato. Dal canto loro gli OdC possono contribuire a snellire le procedure facendo attenzione a richiedere informazioni digitali già presenti in azienda.