Un osservatore distratto che si limitasse a osservare i dati aggregati del mercato mondiale relativi all’andamento di produzione, consumi e scambi internazionali dei vini, forniti ogni anno dall’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), rileverebbe un quadro assolutamente statico.
Constaterebbe infatti, variazioni annuali modeste per i consumi, più vistose per le produzioni in relazione al diverso andamento stagionale e relativamente movimentate per gli scambi internazionali. Quest’ultime evidenzierebbero aumenti delle importazioni da parte dei Paesi di più recente abitudine al consumo, controbilanciate dall’aumento delle esportazioni dei Paesi di più antica tradizione enologica.
Il mercato del vino sembrerebbe quindi caratterizzato da scarsi elementi di novità degni di interesse o di potenziali occasioni di business per gli operatori.
Sotto questa apparente quiete si nasconde una verità ben diversa, contrassegnata da forti mutamenti e opportunità di reddito.
Per i produttori non è tuttavia facile, né semplice, riuscire a cogliere le tendenze di fondo del mercato, in particolare quei deboli segnali che diventeranno poi evidenti nel corso del tempo.
Analizzando quanto è avvenuto negli ultimi anni, ci accorgiamo però che alcuni produttori hanno saputo cogliere per tempo le sollecitazioni positive del mercato, sfruttandone le opportunità e trasformandole in fattori di successo.
Possiamo senza timore di smentita annoverare in questa fortunata categoria i produttori di prosecco. Le performances di questo prodotto sono sotto gli occhi di tutti, non solo degli addetti ai lavori, ma non altrettanto note sono le ragioni che hanno consentito di raggiungere questi brillanti risultati, molto spesso imputati all’agire misterioso della dea bendata. Niente di meno vero. Tali effetti positivi hanno una precisa origine, dove fondamentale è il ruolo svolto dai produttori e dalle istituzioni.
I primi hanno creduto nelle potenzialità del prosecco, nel crescente interesse del mercato per gli spumanti e per i prodotti di origine controllata con elevati elementi di distintività, proprie del Made in Italy.
Da sola questa fiducia non è però sufficiente a spiegare il successo ottenuto. Molte altre produzioni vinicole potevano vantare requisiti simili, sia in Italia che all’estero, ma non sono riuscite a raggiungere risultati altrettanto significativi. Il merito dei produttori di prosecco è stato l’aver intuito che la domanda avrebbe richiesto, nel tempo, quantità crescenti di prodotto con standard qualitativi certi e a prezzi ragionevoli e, pertanto, era necessario realizzare un’organizzazione capace di soddisfare queste esigenze.
Altrettanto importante è stato il ruolo delle istituzioni. Nel caso del prosecco, decisivo è stato il contributo fornito dalla Scuola enologica di Conegliano, in primis per l’ottenimento di un prodotto di qualità versatile e con elevati elementi di distintività; secondariamente, nella formazione di una cultura vitivinicola che ha trovato espressione in viticoltori ed enologi con elevate capacità professionali.
Parimenti decisivo è stato il contributo delle istituzioni pubbliche a tutti i livelli (provinciale, regionale e nazionale), per il sostegno alle imprese del territorio nella realizzazione di un progetto volto a tutelare le diverse qualità del prosecco.
Se oggi possiamo commentare i risultati raggiunti è grazie balla risposta positiva ottenuta dalle istanze del mercato. Esse si sostanziano in una produzione di circa 550 milioni di bottiglie, delle quali più di 350 milioni vendute in quasi tutti i Paesi del mondo. Questa produzione è ottenuta da tre consorzi: circa 91 milioni dalla DOCG Conegliano-Valdobbiadene che insiste sull’area dei 15 Comuni tra le colline di Conegliano e Valdobbiadene; circa 12 milioni dal Consorzio Asolo Montello presente nel territorio delle colline trevigiane a destra del Piave e la restante quota maggioritaria dal Consorzio Prosecco DOC, che comprende il territorio delle provincie del Veneto e del Friuli, escluse Verona e Rovigo.
Grazie a questo assetto consortile si sono potute valorizzare in modo appropriato le differenti caratteristiche del prodotto – in relazione alla tradizione e alla territorialità – con appropriate strategie di promozione e tutela.
Al successo sul mercato si associa corrispondentemente la consapevolezza del ruolo economico e sociale che giocano queste produzioni nel panorama viticolo nazionale e internazionale, sia per le imprese che per le istituzioni.
Per quanto riguarda l’aspetto produttivo si stima che, di un totale di 11.500 ettari di superficie vitata nelle due regioni, ben 33.500 ettari siano quelli occupati da vitigno Glera atto ad essere rivendicato come DOP e da altri vitigni complementari consentiti dai disciplinari: una quantità di gran lunga preponderante rispetto a tutte le altre varietà.
Sul piano economico un recente studio del CIRVE stima di oltre 2 miliardi di euro il valore diretto delle produzioni e di quasi 5 miliardi il valore complessivo, comprensivo dell’indotto generato con le attività a monte e a valle che includono le entrate della fiscalità.
Parimente rilevante è l’importanza sul piano occupazionale con oltre 25.000 unità di lavoro, tra attivi coinvolti nella produzione viticola enologica e soggetti impegnati nelle varie fasi della catena del valore fino alla distribuzione finale.
La semplice contabilità dei valori economici delle produzioni non dà tuttavia pienamente conto della complessità sottostante a questi risultati.
Per meglio comprendere questi ultimi è utile ricorrere a un modello interpretativo di tipo distrettuale, dove nel caso del prosecco dominano le piccole e medie imprese ma in cui sono presenti anche alcune realtà di maggiore dimensione, per lo più rappresentate da cooperative. In base a questo modello, trovano evidenza l’elevata capacità competitiva ottenuta dal sistema prosecco, in grado di sfruttare sia le economie di scala, quando questo si rende necessario, come ad esempio nella fase di sviluppo dei mercati, sia l’economia di scopo, come nella fase di consolidamento delle quote di mercato, nella quale si può avvantaggiare dell’apporto delle PMI per l’abbondanza di varietà e differenze dei valori commerciali.
La consapevolezza del ruolo economico, sociale e produttivo spinge inevitabilmente gli attori privati e pubblici a porre attenzione all’orizzonte competitivo di breve e, soprattutto, di medio e lungo periodo, al fine di assicurare una prospettiva di sviluppo soddisfacente.
In relazione a questo si stanno definendo alcune linee di intervento comuni:
a) per tutti i Consorzi la ricerca di uno sviluppo più sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale delle produzioni, e quindi della possibilità di accrescere il loro valore intangibile quale fattore propedeutico, tra gli altri, allo sviluppo dell’accoglienza;
b) per l’area DOCG Conegliano-Valdobbiadene nel riconoscimento delle caratteristiche di unicità del sistema produttivo, in particolare con l’iscrizione del territorio nel patrimonio dell’UNESCO;
c) per l’area della DOC e per quella della DOCG Asolo – Montello nella innovazione di prodotto, attenta anche alle più recenti tendenze dei consumatori, soprattutto dei più giovani, e dei nuovi mercati di sbocco.

Vasco Boatto
Professore Ordinario dell’Università di Padova
e Responsabile Centro Studi di Distretto (CIRVE)