Il mondo vitivinicolo, da sempre, ha attratto il legislatore persuaso che la peculiarità del vino, il suo intimo legame con elementi tecnologici, territoriali e culturali, richiedesse interventi normativi per definire le regole del prodotto e della comunicazione. Sin dagli anni ’70, con le prime OCM vino (Organizzazione Comune del mercato vitivinicolo), erano stati riconosciuti i “Vini di qualità prodotti in regione determinata” (VQPRD) le cui peculiarità erano attribuibili essenzialmente al territorio. Era un’Europa a 6 Stati, in cui la Francia e l’Italia ebbero un ruolo decisivo nel far comprendere l’importanza del “terroir” per i vini, e dunque regolamentare tale aspetto derivando le loro esperienze addirittura ai primi del secolo in Francia con il marchio «Appellation d’origine controlée» e nel 1963 (con Legge n.930) in Italia con il marchio «Denominazione di Origine controllata» (anche se già nel 1932 un decreto interministeriale aveva riconosciuto il Chianti Classico). Solamente nel 1992, con Regolamento (CEE) 2081/92, il concetto di “origine geografica” venne esteso anche ai prodotti agricoli ed alimentari. Nacquero così in Europa le Denominazioni di Origine e le Indicazioni Geografiche (oggi DOP e IGP) le cui caratteristiche e qualità, analogamente ai vini, sono legate essenzialmente se non esclusivamente all’ambiente geografico. Tuttavia, tale Regolamento CEE non si applicava ai prodotti del settore vitivinicolo i quali continuavano ad essere regolamentati dall’OCM vino dell’epoca, e cioè dal Regolamento CE n.1493/1999. L’art.10 del Reg. (CEE) 2081/92 stabiliva che gli Stati membri provvedessero a individuare apposite strutture di controllo aventi il compito di garantire che i prodotti agricoli e alimentari recanti una denominazione protetta rispondessero ai requisiti del Disciplinare di produzione. Nel panorama normativo agroalimentare era la prima volta che veniva introdotta la “Struttura di controllo” quale apposito Organismo preposto al controllo e certificazione dell’intera filiera produttiva. I VQPRD erano invece ancora legati alle Camere di Commercio che, ai sensi della Legge n. 164/92, si limitavano a gestire l’Albo dei vigneti dei vini a DO e la certificazione “chimico fisica ed organolettica” degli stessi. Si profilava dunque, anche per i vini, la necessità di un rafforzamento dei sistemi di controllo e di tracciabilità. Allo scopo vennero individuati i consorzi di tutela dei vini a DOC – già incaricati alla vigilanza ai sensi della legge n.164/92, ad espletare funzioni di controllo nei confronti di tutti i produttori, associati e non. Con Decreto 29 maggio 2001 il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali attivò una fase sperimentale individuando alcuni consorzi di tutela per l’effettuazione dell’attività di controllo delle specifiche DO. Tra questi, partecipò alla fase sperimentale l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini – diretto dall’enologo Alberto Mazzoni – che con Decreto 4 dicembre 2003 ottenne il riconoscimento e l’autorizzazione ad effettuare il controllo di significative DO marchigiane tra cui le DOCG Vernaccia di Serrapetrona e Conero e le DOC Verdicchio dei Castelli di Jesi, Verdicchio di Matelica, Colli Maceratesi, Lacrima di Morro D’Alba, Serrapetrona, Esino e Rosso Conero. Quello che poteva apparire come la solita ulteriore incombenza a carico degli operatori vitivinicoli, altro non era che l’embrione di ciò che sarebbe diventato – al termine della fase sperimentale, l’Organismo di Controllo indipendente Valoritalia. Fondamentale all’epoca, negli anni dal 2004 in poi, fu il ruolo che i funzionari ispettivi dell’ICQRF di Ancona – sotto l’allora dirigenza di Sanzio Quaquarelli – svolsero con costante impegno sul territorio per far comprendere agli operatori del settore gli scopi del Decreto 29.05.2001 che erano il potenziamento dei sistemi di controllo dei vini a DO e la tracciabilità in tutte le fasi del processo produttivo degli stessi, a garanzia della loro qualità e della tutela del consumatore. Diversi furono i momenti di incontro ai quali partecipò l’ICQRF e, in particolare, il funzionario Silvio Salvi nella qualità di “referente del settore vitivinicolo” insieme al dirigente dell’epoca, con gli operatori dell’intera filiera produttiva, per le diverse DO, nell’ottica della fattiva collaborazione per far comprendere appieno gli aspetti salienti del controllo di filiera e di certificazione del prodotto, aspetti peraltro già propri del settore agroalimentare DOP e IGP. Questa continua e costante collaborazione con il Consorzio di tutela comportò un ampliamento delle conoscenze normative degli stessi operatori vitivinicoli sul territorio, buon viatico per l’attività che poi avrebbe svolto Valoritalia. Solamente alla fine degli anni 2000, infatti, con il Regolamento CE n.479/2008, i vini entrarono a «pieno titolo» nella grande famiglia dei prodotti a Denominazione di Origine e a Indicazione Geografica. L’innovazione non riguardava solamente l’abbandono della formula VQPRD consolidata sul piano della comunicazione verso il consumatore, ma riguardava l’adozione di procedure di certificazione proprie dei marchi di qualità DOP e IGP (sino ad ora riservati ai prodotti alimentari diversi dal vino), compreso dunque il riconoscimento dell’apposita struttura di controllo che verificasse ogni fase della filiera produttiva garantendo la rispondenza del vino a DO al Disciplinare di produzione. Tale struttura di controllo è stata individuata, per tutte le DO marchigiane, nell’OdC Valoritalia, che opera nelle Marche con le due sedi di Jesi (SOP 21) e di Offida (SOP 22). Anche con l’avvento dell’OdC Valoritalia il ruolo dell’ICQRF di Ancona fu costruttivo ad opera di tutti i Dirigenti nel frattempo succedutisi sino all’attuale mio incarico che ha trovato nel personale ispettivo specializzato nell’operare nel modo vitivinicolo, guidato dall’esperienza del citato Salvi una piena collaborazione e sostegno, presenziando convegni divulgativi rivolti agli operatori del comparto. Così come l’ICQRF di Ancona è stato sempre attento alle sinergie conseguibili da una attività formativa del personale di Valoritalia impegnato nei compiti di certificazione e di controllo. Il punto di forza del territorio marchigiano è stato quello di aver avuto la lungimiranza di aderire ad un sistema di certificazione e controllo sin dal 2004 quando era ancora volontario su scala nazionale. Ciò ha fatto sì che oggi si possa tranquillamente affermare che il sistema è andato perfettamente “a regime”, con la consapevolezza da parte di tutti gli operatori del settore della necessità e dell’importanza di tracciare correttamente l’intera filiera vitivinicola.
Antonio Iaderosa Dirigente ad interim dell’ICQRF Emilia Romagna e Marche