Armando Falcioni, Direttore Consorzio Tutela Vini Piceni
Un legame inossidabile tra vecchio e nuovo, ma capace di evolversi nel tempo per non soccombere alle logiche di mercato. Un pluralismo di denominazioni di origine in grado di soddisfare ogni aspettativa sensoriale.
Dialogo e unione delle forze, poco campanilismo e dedizione al territorio.
Le colline marchigiane sono da secoli terroir ideale per particolari ceppi di viti che hanno dato vita a vini di particolare pregio. In prevalenza bianchi, ma con la presenza di sontuosi rossi, le Marche sono entrate nell’eccellenza del vino italiano, ultimamente anche nell’ambito biologico. Gli ultimi vent’anni hanno visto un vero e proprio rinascimento enologico nelle Marche, il cui successo risiede in una fortunata commistione di fattori, che vorrei analizzare. Il primo, indubbiamente è stata la forte autoctonia. Puntare sui vitigni del territorio, non cedendo alle facili lusinghe dei vitigni stranieri, è stata una sfida vinta con i produttori. Il forte carattere e l’ostinazione di noi marchigiani hanno fatto sì che il territorio ne sia uscito sempre più rafforzato. Abbiamo raccontato la storia a chi non la conosceva, costruendo un mondo da scoprire intorno alle nostre bottiglie di vino.
Operosità e carattere non hanno però impedito all’innovazione di mescolarsi alle radici storiche. Un altro fattore da non sottovalutare è il forte cambio generazionale che abbiamo avuto nelle nostre campagne. Qui, nelle terre Picene, c’è un’altissima percentuale di ragazzi che hanno deciso di portare avanti l’azienda di famiglia, studiando, impegnandosi, innovandosi e soprattutto, informandosi. Grazie a incentivi e bandi regionali, le nostre cantine sono alquanto giovani e quindi, orientate al futuro. E qui andiamo all’altro fattore di successo dei nostri vini: la capacità di innovarsi, adattandosi alle sempre mutevoli logiche di mercato.
I vini piceni sono famosi per la loro corposità e robustezza. Rosso Piceno DOC, Falerio dei Colli Ascolani DOC, Terre di Offida DOC e Offida DOCG. Negli ultimi tempi, con la crescente attitudine dei millennials alla frequentazione di winebar ed enoteche, il mercato ha assistito a una forte domanda di vini più “beverini”. I produttori hanno saputo destreggiarsi egregiamente per rispondere a tale domanda, senza però scendere a compromessi e perdere la propria identità. Per accogliere meglio le esigenze di mercato si è deciso di offrire un diverso metodo di vinificazione delle nostre eccellenze. Ad esempio, abbiamo confermato la proposta del Rosso Piceno DOC, generalmente di annata, accanto al Rosso Piceno Superiore, invecchiato e più robusto.
Oppure, abbiamo iniziato a spumantizzare la Passerina ed il Pecorino, ottenendone una versione più vivace e leggera.
Se la riconoscibilità e la forte autoctonia sono i punti di forza dei vini Piceni, allo stesso tempo alcuni aspetti di tale approccio, come per esempio la mentalità conservatrice, hanno costituito un deterrente per lo sviluppo, insieme anche alla scarsa conoscenza del territorio da parte del viaggiatore/consumatore. La parte sud infatti, che va dal fiume Chienti al confine con l’Abruzzo, potrebbe essere definita come un territorio puro, uno scrigno da scoprire, meno promosso e valorizzato di altri. Queste caratteristiche però ne fanno allo stesso tempo un punto di debolezza e di forza, in quanto asso nella manica da tirar fuori in futuro per rivitalizzare l’enoturismo.
Relativamente ai mercati di riferimento, come confermano i dati dell’Osservatorio di Nomisma nel 2018, in una decade l’esportazione del vino marchigiano è aumentata dal 35% al 50%; un considerevole aumento, reso possibile soprattutto dai cospicui fondi di investimento. Le nazioni in cui i nostri prodotti vengo importati in maggior misura sono, a livello extraeuropeo, USA, Canada, Cina e Russia. A livello europeo invece, abbiamo ottenuto ottime performance in Germania, Paesi Scandinavi e Regno Unito. Per il futuro, ci piacerebbe spingere i nostri orizzonti sino all’Indonesia, India e Brasile. Nello scorso anno sono stati investiti dal nostro Consorzio circa 2milioni di euro, ottenuti attraverso l’OCM e il PSR. Grazie a questa virtuosa convergenza tra imprese, enti pubblici, Regione Marche e UE, il nostro territorio è in grado di rappresentare degnamente l’Italia a livello internazionale, grazie ad un linguaggio innovativo nella comunicazione e nel marketing, ma soprattutto grazie all’impegno dei nostri produttori, che sono i più importanti ambasciatori della nostra Regione nel mondo.